Ci sono persone che, con modestia, sapienza e gentilezza, sanno imprimere nel cuore e nella mente degli altri segni profondi che restano, anche quando quelle persone non ci sono più. Così è e sarà per Davide Digiovinazzo, “Digio”, per tutti noi professori e studenti del Liceo Marie Curie di Meda. Se ne è andato, improvvisamente, nell’ultima sera d’estate. Un malore crudele e fulminante lo ha strappato alla vita, a soli cinquantatré anni, per una fine tragica e inaspettata che lascia tutti sgomenti. Un duro colpo che tronca sogni e progetti e che spezza legami: da quelli ventennali, di amicizia e salda collaborazione, con i colleghi a quelli appena allacciati, grazie alla innata empatia, persino con i “primini”, da poco entrati nelle aule, ragazzi che pur avendolo incontrato solo per poche lezioni, ora lo piangono sinceramente, come i compagni più grandi. Sì, perché Digio era così. Non è retorica descriverlo come un dotto di altri tempi, un autentico umanista giunto al liceo Curie direttamente dal Rinascimento Coltissimo, raffinato glottologo, rigoroso filologo, “scienziato” della lingua, sapeva poi donare tutto il suo sapere con semplicità e generosità. Trasmettere la cultura latina e greca era per lui un piacere che scaturiva dal cuore e dalla mente e che esprimeva con generoso slancio. Chi ha avuto la fortuna di assistere alle sue lezioni ricorda che i ragazzi lo adoravano. Per loro era tutto ciò che un bravo docente può essere: un raffinato conoscitore delle sue discipline, un maestro capace di spaziare anche sulle questioni più spinose dell’attualità, una persona generosa, desiderosa di mettersi in gioco all’interno della classe, con le proprie esperienze, sempre con un tocco di ironia. Merito anche dello spirito da sognatore che Davide Digiovinazzo coltivava sempre, facendolo trasparire nello humor arguto, nel sorriso dolce che conservava un che di fanciullesco. Nelle confidenze fatte agli amici, ai colleghi più vicini, ma anche agli alunni, rivelava, con tono semiserio, fantasticherie su vite diverse. Nelle intenzioni e nei discorsi fatti mille volte diventava uno spregiudicato uomo d’affari, uno chef, un coach sportivo, addirittura un mite signorotto della campagna bielorussa, salvo poi sognare, per la pensione, un buon retiro nella Guyana Francese… Una persona singolare, dunque, e ben lontana dagli stereotipi che spesso circolano sui “Prof”, nell’immaginario comune. L’amore per la cultura non escludeva il gusto per la vita attiva. Era sempre presente nell’organizzazione di eventi come la Notte del Liceo Classico o gli Open Day. Partecipava ai viaggi d’istruzione con gioia e voglia di creare momenti di scambio e relazione. Appassionato di sport e soprattutto di pallavolo e di sci, aveva aderito a molte iniziative della scuola. Resteranno nella memoria le giornate al corso di sci, in cui mostrava le sue qualità sulla pista, il tifo intenso alle partite di volley, la sua presenza come accompagnatore ai tornei in Polonia e Lituania con il gruppo sportivo del liceo. Anche in quelle occasioni, non smetteva di essere docente. Aveva insegnato rudimenti di italiano ad alcuni stranieri durante l’iniziativa Vero Volley. Condivideva sempre il suo sapere e la voglia di conoscere, in modo semplice e non cattedratico. Ecco, Davide incarnava nella maniera più bella e nobile il concetto greco di παιδεία: la cultura non come sfoggio di erudizione ma come alimento della ricchezza interiore e dono da condividere.

Per questo, carissimo Digio, ci mancherai tantissimo. Il nostro Liceo sembrerà più vuoto, senza di te. Fra gli spiriti magni, fra le anime buone, fra gli umili di cuore ti penseremo ora. E ci sembrerà di poterti trovare ancora, nei corridoi, sorridente, circondato dai tuoi alunni o in sala professori, pronto ad aiutare tutti: dal supplente appena catapultato a scuola, fino al collega desideroso di risolvere un dubbio grammaticale. Sempre in modo quieto, mai prevaricante, con quell’umiltà dei saggi, così rara e preziosa. Proveremo a portare avanti la tua eredità, Davide, un’eredità fatta di studio sempre curioso, di disponibilità, di cura per gli alunni. La tua tragica fine ci insegna l’importanza del nostro lavoro: formare delle persone generose e preparate come te, sempre disposte ad aiutare il prossimo. Spesso si dice quanto grande sia la perdita quando qualcuno muore. Certo è così, ma noi sentiamo di non trascurare il grande guadagno nell’averti conosciuto. Ave atque vale, Digio.

La Preside e i tuoi colleghi

 

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